giovedì 22 dicembre 2011

Noi e la complessa relazione con il COLORE.

Lo sapevate che una delle più grandi e complesse personalità dell'architettura del XX secolo un certo Le Corbusier scriveva articoli? la rivista si chiamava L'Esprit Nouveau in un epoca non globalizzata dove la stampa e la carta stampata rappresentava il mezzo più comune per arrivare alla massa. Credo che oggi probabilmente egli avrebbe avuto un proprio Blog, avrebbe teorizzato scrivendo su riviste e avrebbe preso appunti con il proprio Pc, insomma non si sarebbe fatto sfuggire l'opportunità di essere parte del mondo che lo ha generato. In quegli articoli egli teorizzava e gettava le basi per un nuovo modo di relazionare l'architettura al colore, eppure nel XXII secolo, continuo a incontrare colleghi secondo i quali esprimere opinioni su soluzioni progettuali che non siano le proprie o omologate, avere un Blog o redigere degli articoli che parlino di architettura, di design che propongano spunti di riflessione sul grigiore cromatico che ci circonda rappresenti un'inutile spreco di energia perché l'unica cosa che conta è la produzione il raggiungimento dello statuts economico come coronamento della propria vita. A questi colleghi non posso che rispondere citando e prendendo come esempio non un'architetto qualunque, ma l'Architetto per antonomasia. 
Non c'è dubbio che questa personalità complessa si collochi tra due eminenti figure dell'architettura del xx secolo Bruno Taut, difensore e propagandista ad oltranza del colorismo in architettura, e Walter Gropius, che teorizzava il colore usandolo però nelle sue opere in modo estremamente moderato. I primi scritti sul colore di Le Corbusier  appaiono negli articoli sul PURISMO e il CUBISMO e proprio in uno di questi articoli egli afferma:
L'idea di forma precede quella del colore. La forma è preminente, il colore non è che uno dei suoi accessori. Il fatto curioso e che solo pochi anni dopo, negli scritti sulla policromia architettonica degli anni'30 Le Corbusier sembra aver cambiato radicalmente opinione, al punto da citare Fernand Lèger per sostenere che " L'uomo necessita del colore per vivere, è un'elemento necessario tanto quanto l'acqua o il fuoco." Nella monografia del 1937 per l'esibizione del padiglione dei tempi moderni, Le Corbusier include un capitolo intitolato "POLICROMIA=ALLEGRIA" nel quale associa le epoche creative dell'architettura con la vitalità del colore cromatico, e l'accademismo recalcitrante con il triste grigio. Questo per dire e per rispondere a colleghi che credo debbano osare di più....., maturare una nuova considerazione sempre più cosciente e attenta sul potere del colore nel modificare lo spazio percepito. Troppo spesso ci siamo sentiti dire che l'arte e l'architettura intesa come creazione di spazi rappresentano due discipline autonome e distinte.....Balle!. Troppo spesso ci siamo sentiti dire cosa era giusto fare in ambito progettuale. Abbandonate definitivamente l'accademismo grigio e triste, che vi ha generato, osate, e usate... la vostra creatività, provate a fare la differenza assumendo dei rischi, uscite dal coro e iniziate a colorare il mondo che vi circonda provate ad essere unici e riconoscibili. POLICROMIA=ALLEGRIA=FELICITA'=UNICITA' 
CoccoilCreativo Gennaio 2012

SIATE VULCANI IN ERUZIONE.....

2 commenti:

  1. E' assolutamente vero ciò che dici. Spesso non si osa abbastanza. E dirò di più: la monocromia in una progettazione è un "servizio mancato" al committente. Intendo dire che, se è vero che alla base del lavoro di un architetto o di un interior designer c'è l'interpretazione della personalità del cliente, oltre ovviamente alle nozioni tecniche, non possono farlo senza applicare l'uso del colore.

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  2. Fulvia il problema è che il vivere in città grigie e preistoriche....vivere il quotidiano circondati da superfici grigie è diventata un'abitudine. Case come scatole! Oggi si vincola l'impossibile, e così facendo si elimina ogni possibilità di rinnovamento e sperimentazione, Napoli è una città particolare e proprio per la sua unicità sarebbe a mio avviso capace di generare stupore e inventiva sempre. E invece ci hanno tolto ogni possibilità di crescita attraverso gesti coraggiosi, ci hanno fatto credere di poter innovare attraverso il preservare ad oltranza. Non si costruisce più. Hanno legato l'architettura alla politica educandoci ai voti di scambio ai favori, facendoci perdere di vista il nostro compito e spogliandoci della nostra unicità! Ormai non siamo altro che professionisti omologati...in una società che scandisce abitudini e consumi pensiamo tutti ad un estetica nello stesso modo, verso la stessa direzione e ogni parola detta fuori dal coro rappresenta proprio per la sua unicità un problema!

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